martedì 17 novembre 2009

La ridondanza dell'eco: la storia di Albert Emme

La Ridondanza dell'eco, eco, eco, co, co, o, o è l'ultimo capolavoro di P. A. Zerf. Questo romanzo di ampio respiro narra le vicissitudini di Albert Emme; nome di fantasia come specifica l'autore. Non è dato di sapere con precisione se quella raccontata sia, o no, una storia vera; anche se il sottotitolo "storia vera" nella copertina fa pensare di sì. Questo libro, come ogni capolavoro, è un genere di nicchia; un po' come il genere gonzo o anal nel porno e, in quanto tale, solo pochi possono apprezzarne la profondità del messaggio.

Il libro in oggetto è una spietata, fredda, cruda ma lucidissima analisi della società moderna, percepità da Zerf come culla di menzogne. Il personaggio Albert Emme è la tipica persona normale che un evento scatenante trasforma in serial killer. L'evento è la metafora della quotidianità, ovvero, un'occasione, una possibilità che può accadere ad ognuno di noi. Albert Emme incontra una piacevole ragazza, alta, bella che però ha il vizio di chiudere la portiera della macchina con troppo impeto. Il rumore provocato dallo sbattere della portiera risveglia in Albert antichi e dolorosi ricordi, sopiti da anni di psicoterapia e psicofarmaci. Dolorosi ricordi che esploderanno in furiosa rabbia omicida.

Zerf racconta con meticolosa precisione da certosino l'antefatto dal quale si snoda tutto il libro. Albert da piccolino viveva in una casa a due piani. La sua cameretta con la carta da parati con le api, i barattolini di miele e i favi era posizionata sotto la camera da letto dei suoi genitori. I sonnellini del giovane futuro serial killer erano spesso disturbati da uno "sleng sleng" ritmato. Per molto tempo Albert non riuscì a dare una spiegazione a questo rumore; un giorno a scuola, dopo l'ennesima competizione su chi avesse il pene più lungo, Albert chiese consiglio al compagniuccio Frederick Effe. Scrive Zerf:

Frederick rispose: "Albert sei proprio un babbucchione!! Lo sleng sleng del quale mi racconti sono le molle del materasso dei tuoi genitori!! E' tuo papà che da sfogo ai suoi istinti animali mettendo il pene nella vagina di tua mamma!!"

In queste pagine che scandagliano la mente umana, si vede tutto il talento narrativo di Zerf, che scrive:

In Albert scatta qualcosa. La risposta di Frederick è una lama sul collo. Albert sa che suo padre Sir Basilius Emme vive in ufficio; ma sa anche che ultimamente in casa girano troppi idraulici, piastrellisti e un ballerino di flamenco con le credenziali di elettricista.

Ovviamente il giovane Emme non può rassegnarsi ad avere una mamma lasciva. Decide di chiedere spiegazioni alla genitrice. In questo dialogo, Zerf tratta con impressionante competenza lo spinoso argomento del complesso di Edipo:

"Madre, ho bisogno di parlarti" disse Albert con gli occhi che sfuggivano.
"Un attimo figliolo" rispose dalla camera con voce affannata la madre, senza che quel sinistro sleng sleng cessasse per un solo secondo.
Dopo qualche minuto la madre socchiuse la porta, rimanendo con il corpo che sembrava nudo dietro allo scudo di rovere. Albert potè vedere il viso della madre arrossato e imperlato di sudore; il rossetto diventato macchia intorno alle labbra. Nel vedere la madre così, come un personaggio dei dipinti di Toulouse Lautrec, il giovane Albert ebbe una timida erezione, foriera di abbondanti polluzioni notturne anche nei sonni ad occhi aperti in classe nell'ora di trigonometria. Dentro la camera avvertiva la presenza di un corpo, sentiva un respiro affannato. Quel corpo non aveva viso né nome.
"Dimmi tesoro, ma veloce che la mamma stava riposando".
"Madre da molte settimane il mio sonno è disturbato da un molesto sleng sleng che proviene da qui! Sai dirmi cos'è?" chiese Albert trattenendo a fatica le lacrime.
"Tesoro mio, da qui? Sei sicuro?"
Nello stesso preciso istante, da dietro la porta di rovere esplose uno sleng sleng. La presenza senza viso né nome (ma che avrà il nome e il viso di ogni futura vittima), dopo essersi nettata le pudenda si era tuffata sul letto. La madre giratasi di scatto bofonchiò: "Tanto bello e sessualmente attraente, quanto stupido!"
Poi guardò dritta negli occhi il figlio: "Ah, intendi questo rumore? Mio dolce fuco, questo rumore proviene da fuori. E' il carrozziere che chiude le portiere delle macchine che sta riparando!"
Albert guardò la madre, quasi ringraziandola per quella bugia: "E' un rumore fastidiosissimo, madre, mi innervosisce tanto che potrei uccidere!"

Questo dialogo cruciale per l'economia del libro, farà cadere Albert nell'inferno della serialità assassina. Ucciderà per la prima volta per caso. La prima vittima sarà una cameriera colpevole solo di avergli macchiato i pantaloni beige con del cappuccino. Macchia quasi impossibile da vedere, tanto che Albert non era nemmeno sicuro che la goccia fosse effettivamente finita sui suoi pantaloni. Il primo omicidio, gli diede la consapevolezza di poter uccidere e la convinzione di farlo in nome di Buddha. Albert girava sempre con un auricolare bluetooth, una sorta di scudo come scrive Zerf:

Albert sapeva che in nessun luogo era a riparo dalle menzogne. L'unico modo per difendersi era evitare di sentirle. Decise così di chiudere un orecchio al mondo tenendolo impegnato per sempre con un auricolare bluetooth. Il destino beffardo volle che un giorno da quell'auricolare un'interferenza gli fece sentire una conversazione tra un uomo ed una certa Valeria. Albert cercò subito di capire quale arcano volere gli avesse fatto sentire questa conversazione e, soprattutto, perchè il nome Valeria.
"Forse Buddha vuole che io uccida Valeria?" si chiese.
"Perchè no?" rispose Buddha dall'auricolare bluetooth.

Il libro continua con un pathos sempre in crescendo. Concluderei dicendo che in questa opera ritroviamo la splendida penna di Zerf che come un bisturi seziona il cervello del piccolo Albert Emme, cercando fra le sinapsi l'iter che lo ha portato a diventare assassino. Posso solo dire che è un romanzo che merita tantissimo e gli Spandau Ballet hanno comprato i diritti d'autore per fare la colonna sonora, sperando che qualcuno ne tragga un film. Non dalla colonna sonora, dal libro.