lunedì 2 marzo 2009

Escatologia e scatologia in P.A. Zerf



La teoria finale sul tempo di P.A.Zerf, gia abbozzata in Essere in tempo, trova una sistemazione quasi definitiva tra le righe di articolo pubblicato nell'eminente Belp Tribune, il 15 dicembre del 1942, da titolo "La fine, infine".
Sin dall'inizio della sua tribolata esperienza come pensatore, il problema del fine ultimo dell'esistenza ha rappresentato, e rappresenta tutt'oggi per tutti coloro che si sono appassionati al pensiero, alle opere e alle omissioni del grande filosofo, un argomento di indagine e di acceso dibattito.
Nell'articolo sopracitato lo Zerf ammette, con rara onestà, di non avere la men che minima idea di cosa significi il termine escatologia e di far finta, dopo aver letto Abelardo, di conoscerne la semantica.
Si può dunque parlare di escatologia senza sapere cosa significa: questa è uno dei punti fermi.
L'uomo, è dunque, gettato nell'esistenza in una condizione di buio totale, e arranca, senza sapere bene cosa stia realmente facendo.
"La vita è fatta per porvici rimedio" sentenzia lo Zerf.
Ma la svolta verso il nulla è sempre dietro l'angolo.
"Magari senza volerlo, magari senza cercarlo, ma alla fine arriva.
Puoi guardarti alle spalle quando vuoi, puoi camminare all'indietro o strisciare rasente i muri, ma alla fine arriva.
E non c'è niente da fare. "
Molti, nella "cosa che deve arrirare" vedono la presentificazione della morte terrena, altri della malattia.
Niente di entrambe a nostro giudizio.
La cosa che deve arrivare è il mare fecale della sfortuna, lo tsunami della malasorte.
"Io non vinco mai" c'è scritto in conclusione dell'articolo e suona lapideo e destrutturante.
Malgrado tutto però, il suo approccio positivo all'esistenza lo porterà al quel temporaneo e non duraturo successo che il suo pensiero riscontrò verso la fine della seconda guerra mondiale e di cui ci occuperemo in seguito.