venerdì 27 febbraio 2009
Zerf control
Quando non era scuola, i suoi pomeriggi adolescenziali erano scanditi da un ritmo calmo, ma ben definito: dipingeva una striscia verde su una tela, muoveva un pezzo della dama, suonava una nota con il corno e dava 107 frustate ben assestate al povero cavallo del nonno Peterhanselegretel (e a volte le prendeva anche il nonno).
L'incontro con Petra sconvolse tutto: scoprì che c'era di meglio che frustare i cavalli, e si dedicò al corteggiamento.
La deriva onanista di Zerf si concluse il 12 gennaio del 1940, quando, dopo quattro anni di frustate, Petra si decise a sposarlo.
giovedì 26 febbraio 2009
Pickett Anderson Zerf e l'incontro con Robert Allen Zimmerman
Chi è Bob Dylan? Ma soprattutto: chi era Bob Dylan prima di incontrare William Pickett Anderson Zerf? Bob Dylan nasce il 24 maggio 1941, al secolo Robert Allen Zimmerman, e prima del 1962, anno nel quale incide il suo primo lavoro discografico con il titolo di "Bob Dylan", era un ragazzo piuttosto confuso che lavorava come "omino dell'acqua" e frequentava un corso para-universitario per piantare viti e chiodi. La musica, in quel periodo, non aveva nessuna valenza nella sua esistenza, anzi, si racconta che un giorno venne picchiato perché suonando un citofono era riuscito a farlo scordare. E' nell'estate del 1960, quando incontrerà Zerf, che nascerà il Bob Dylan che tutti conoscono attualmente. Il filosofo pensatore, a metà anni 50, aveva realizzato i primi prototipi di orologio da polso da 1,80 metri di diametro. Però, si ponevano i primi problemi pratici. Dove riporre un orologio simile prima di andare a dormire, visto che il comò non è abbastanza grande? Questa riflessione lo portò alla stesura di un breve saggio dal titolo "Dove va riposto il tempo?" nel quale dopo 8 mesi di alacre lavoro, Zerf risolse il problema costruendo un comò con una superficie di appoggio di 2,5 metri per 2,5 metri. Brillante soluzione, peccato che con un comodino di siffatta grandezza, non ci fosse più spazio per il letto nella camera da letto. Si poneva un nuovo problema che venne trattato, per altro con poca convinzione, nel saggio "Può una camera da letto diventare una camera da comò?". La risposta fu "Perchè no?". Il problema di dove riporre l'orologio da polso con diametro di 1.80 metri, rimaneva però insoluto. Dopo 5 anni di durissima sperimentazione, che portò ad una forte depressione, Zerf trovò una soluzione. In quegli anni Zerf, dato importantissimo, viveva a Duluth. Come sia finito lì ,è un'altra lunghissima storia che meriterebbe un suo spazio. Alle 9 di mattina di un giorno di un estate qualunque, che qualunque non era, bussò alla porta l'omino dell'acqua. Zerf, indossando il suo orologio da polso da 1,80 metri di diametro, aprì. Un gentilissimo ventenne gli porse le sue sei bottiglie d'acqua e lo guardò perplesso.
"Posso farle una domanda?" chiese il ventenne imberbe.
"Perchè no?" rispose Zerf.
"Il suo orologio è molto bello ma dove lo ripone prima di andare a dormire?"
"La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento... ma non riesco a coglierla" rispose Zerf.
Il giovane imberbe rimase scosso, strabuzzò gli occhi e trascrivendo subito quelle parole sul taccuino, sul quale annotava gli ordini dell'acqua, tra sè e sè pensò: "con una simile frase beccherò un sacco di ciccetta (a Duluth ciccetta, in slang, significa ragazze N.d.A)!!".
Zerf guardò il giovane che sembrava proprio un giovane educato e di buona famiglia.
"Posso chiederle una cortesia?" domandò il giovane cortesemente.
Zerf lo guardò mentre la sua vocina diceva "normalmente le poche persone che ti trattano con rispetto o non ti conoscono o stanno cercando maldestramente di fregarti" ma, fedele al suo metodo rispose "Perchè no?".
Il giovane, in quella giornata calda, voleva placare l'arsura della sua gola con un po' d'acqua fresca.
W. P. A. Zerf lo invitò ad entrare. Nacque così una splendida amicizia, anche se alcuni detrattori sostengono fosse un amore omossessuale.
"Come ti chiami?" chiese Zerf al giovane.
"Robert Allen Zimmerman"
"Dovresti cambiarlo in Bob Dylan, altrimenti non farai mai successo come cantautore" rispose subito Zerf.
"Scusi? Io non voglio fare il cantautore".
"Ah, bella questa. Perchè no?" disse subito Zerf, applicando il suo noto metodo.
"A dire il vero non saprei... io sto studiando come piantatore di viti e chiodi, sono al terzo anno" concluse Robert Allen Zimmerman.
Zerf si bloccò come illuminato da una verità abbagliante. Non appena si riprese dal torpore abbracciò il ragazzo (alcuni detrattori sostengono fosse un abbraccio omosessuale).
"Grazie, grazieeee!!" urlò Zerf "hai risolto un problema che mi attanaglia da anni. Sono anni che rotolo come una pietra senza meta per risolvere questo problema!"
Robert Allen Zimmerman rimase perplesso ma estrasse ancora il suo taccuino e tracrisse "come una pietra rotolante".
Zerf intuì la perplessità sul volto del giovane.
"Vedi Bob" inizò Zerf "sono anni che sto cercando di capire dove riporre il mio orologio da polso prima di andare a dormire. Ho scritto saggi, ho progettato nuovi comodini ed, in un momento di delirio, anche una chaise-longue. Tu mi hai dato la soluzione! Una vite!! I tempi stanno cambiando, ora ho la soluzione. Riporrò il mio orologio da polso su una vite attaccata al muro". Robert Allen Zimmerman estrasse ancora una volta il taccuino e segnò "I tempi stanno cambiando".
In quattro e quattr'otto, Zerf e Zimmerman, piantarono una vite nel muro della camera da letto. Ponendo fine ad un'annosa questione. Si salutarono.
"Arrivederci, Robert" disse Zerf.
"Mi chiami pure Bob" rispose Zimmerman.
"Allora ci stai pensando ad un futuro da cantautore" continuò Zerf.
"Parlare con te William, mi ha fatto nascere qualche idea in testa, poi ho sempre sognato di suonare l'arpa celtica" ribattè Zimmerman.
"Chiamami professor Pickett Anderson Zerf e lascia stare l'arpa celtica. Buttati sulla chitarra, chitarra elettrica!!"
"Mmmmhhh, chitarra, chitarra elettrica?" pensò Zimmerman "Perchè no?".
mercoledì 25 febbraio 2009
ZERF E LA PUNTUALITA’
Durante il periodo di soggiorno nella Biblioteca di Belp, un giorno, per caso, Zerf si ritrovò a disegnare l’ennesimo orologio su un libro che avrebbe influenzato non poco il suo futuro pensiero.
Il libro in questione era “Essere e tempo” (Sein und Zeit, prima edizione 1927, Halle,Germania) di Martin Heiddegger. La lettura di questo testo, che impegnò Zerf per circa nove mesi, lo spinse verso la formulazione del concetto di temporalità relativa descritta nell’opera “Essere in tempo” (Sein auf Zeit, prima edizione 1933, Belp, Svizzera). Ancora oggi, la teoria zerfiana della temporalità relativa o anche cultura dell’essere ma non ora, poggia su due pilastri fondamentali del pensiero del noto inventore-filosofo: la misurazione del tempo (che però non viene mai citata nel testo) e la teoria del “perché no?”. Se per Heidegger “L'uomo è l'ente che ha il suo senso - la sua luce - in sé stesso. Il senso dell'essere non è metafisico - semplicemente presente davanti a noi - ma originario: qualcosa che, essendo nostro, ci possiede. Questo qualcosa è la temporalità”, per Zerf il concetto di temporalità è meramente legata al fluire del tempo. Nella sua opera, Zerf scrive “Secondo Heidegger, l’uomo ha il suo senso in se stesso. Se ciò è vero, la presenza dell’uomo su un piano metafisico impone imprescindibilmente la presenza dell’uomo su un piano fisico. L’assenza dell’uomo su un piano fisico allora non coincide con la presenza dell’uomo su un piano metafisico” (ibidem, pag. 42-44). Questo primo passo rappresenta l’introduzione al capitolo successivo, in cui Zerf, citando ancora la frase del filosofo tedesco "L'essenza dell'Esserci consiste nella sua esistenza", introduce il concetto di essere ma non ora, ovvero di come l’esistenza dell’uomo sia indissociabile dalla sua presenza. In questo capitolo (forse unico completo di tutta l’opera zerfiana), il filosofo-inventore misura, tramite un apposito strumento di ricerca empirica di cui però lui non fa mai menzione, come la presenza dell’uomo “nel tempo e in tempo” modifichi la realtà circostante. La tesi di Zerf “essere puntuali aiuta le relazioni con il prossimo anche se le persone putuali normalmente sono le più antipatiche” si colloca come antecedente a quella che viene considerata da molti l’opera più famosa e importante di Zerf, ovvero la teoria del “perché no?”. Nel testo, infatti, Zerf arriva alla conclusione “Arrivare in ritardo? Perché no?” nonostante tutta l'opera sia una celebrazione alla puntualità. Molti studiosi hanno analizzato quest'opera di Zerf fino al 1948, anno in cui il famoso ricercatore James Carter Hoterig arrivò alla conclusione”Il pensiero di Zerf? Perché no?”. Da allora non ci fu più nessuna discussione sull'opera di Zerf.
Pickett Anderson Zerf e l'errore di Yalta
ZERF, IL CIBO E IL TEMPO
Massimo Roscia, scrittore e gastronomo
martedì 24 febbraio 2009
1934: l'esperimento dello specchio
Il metodo Zerf, già abbozzato ma in uno stadio embrionale, non lo aiuta.
Decide allora di sperimentare empiricamente la riflessione: prende uno specchio, un paio di lacci e una candela.
Accende la candela vicino alla specchio e si guarda allo specchio.
Distoglie lo sguardo, riflette tra sé e sé e si riguarda allo specchio.
Ripete l'esperimento per due giorni ma oltre a vedersi allo specchio, non ha alcuna intuizione.
Il terzo giorno, l'illuminazione: capisce che se riflette tra sé e sé, dall'altra parte dello specchio la sua immagine, oltre a riflettere a sua volta tra sé e sé, riflette anche la sua figura.
Pickett prende foglio e penna e mette nero su bianco quella che sarà una delle teorie più fortunate, la teoria che non è il caso: in pratica è inutile fare qualcosa che qualcun altro, o qualche altra cosa, fanno meglio di te.
L'inutilità dell'azione umana è, secondo lo Zerf, paragonabile all'inutilità di un paio di lacci in un esperiemento scientifico.
lunedì 23 febbraio 2009
Pickett Anderson Zerf e il fumo
Pickett Anderson Zerf e i nuovi campi di ricerca
Il metodo Zerf contro il medoto Pollyanna
Il metodo Zerf, la risposta "Perché no?" a qualsiasi domanda, si scontrò intorno agli anno '40 del secolo scorso con il metodo Pollyanna che presupponeva una ricerca del lato positivo della vita.
Il secondo metodo tratto dal romanzo "Pollyanna" di Eleanor H. Porter trovò, sin da subito, molti adepti tra la media borghesia operaia e proletaria danese (la società danese era abbastanza confusa in quel periodo) ma fu dopo la pubblicazione dell'articolo "Che vuoi che ci sia di positivo nella stipsi!" da parte di P.A. Zerf che lo scontro si acuì tanto da generare sommosse tra le due parti in lotta: i positivisti e i perchenoisti.
Il fatto che fu creata, nel 1986, una serie animata su Pollyanna e che non uscì mai una serie animata su P.A.Zerf dà l'idea su chi la spuntò.
Il nostro compito è, adesso, fare 1 a 1.
domenica 22 febbraio 2009
Zerf: tra mito e leggenda
William Pickett Anderson Zerf, o come lo chiamavano tutti i suoi amici, Pickett Anderson Zerf, nasce nel 1913 in una piccola cittadina danese a pochi chilometri dalla capitale danese. La sua infanzia fu segnata dal fatto che i suoi genitori erano sempre fuori per lavoro tornavano sempre in occasione del capodanno cinese, cosa che per un certo periodo confuse il giovane Pickett Anderson Zerf al punto di non comprendere più il vero fluire del tempo. Forse fu proprio questo episodio ad infondere nel giovane zerf, la passione per l’oreficeria e per la misurazione del tempo.
L’adolescenza di Zerf, fu quella di qualsiasi altro giovane che aspirava a creare qualcosa di nuovo e sorprendente, che il mondo apprezzasse e nello stesso tempo imparasse a valorizzare. All’età di quindici anni, Pickett Anderson Zerf emigrò all’estero per cercare fortuna, poiché la sua concezione di tempo e la sua lingua parlata non corrispondevano al normale senso civico danese. La sua tata infatti, Maria Nunez Andres, emigrata in Danimarca per cercare lavoro come badante, parlava solo ed esclusivamente portoghese, quindi fin da piccolo il giovane inventore imparò a pensare con la propria testa, fuori dagli schemi di una società troppo basata su una canonica misurazione del tempo. Si stabilì allora nella ridente cittadina di Belp, a pochi chilometri da Berna. Continuarono però i soliti problemi di comunicazione ma il giovane William Pickett Anderson Zerf, o come lo chiamavano tutti i suoi amici, Pickett Anderson Zerf, non si scoraggiò e dopo un anno e mezzo di durò lavoro riuscì a imparare la sua prima frase nell’idioma oltralpe: “Niet caffè, merci”. Una data importante nella vita del giovane orafo fu il 1929, quando iniziò a lavorare come garzone nella bottega artigianale del Kaiser Belp, nell’omonima cittadina. Qui Zerf imparò i rudimenti della misurazione del tempo, il corretto modo di fondere i metalli, l’arte della creazione di meccanismi perfetti e la cottura ottimale del pane con l’uvetta. Solo dopo i primi mesi si capirono già le potenzialità del giovane inventore, incuriosito, appassionato, ossessionato dal suo nuovo lavoro.
Dopo due anni di apprendistato, Zerf riuscì a trasformare quella piccola bottega artigianale in una delle quattro grandi industrie del cantone svizzero, applicando i principi base della catena di montaggio (che un certo Ford qualcosa aveva applicato in America, credo) con una suddivisione verticale del lavoro. Ma nonostante la fama, le persone intorno a lui continuavano a non capirlo. Le sue idee cominciarono a risultare troppo innovative e lo spettro della sua lingua portoghese continuava ad aleggiare nei salotti dell’alta società di Belp. Se da una parte le sue idee di organizzazione del lavoro venivano osannate, dall’altra erano viste con timore le sue idee di orologi da polso giganti.
Nel 1932, a soli ventinove anni, Zerf conobbe il filosofo Martin Joan Olsen con il quale iniziò una amicizia epistolare che però non fu mai ricambiata. Lo studio della filosofia, dell’amore per il sapere cominciarono a prendere il sopravvento tanto che per alcuni anni egli si ritirò a fare l’eremita nella biblioteca comunale di Belp. La cosa da subito creò un certo scompiglio, poiché Pickett Anderson Zerf era solito leggere con indosso solo i suoi amati calzoncini di pelle tirolesi.
Dopo circa due anni di studi, in cui il povero Zerf si cibò solo di thè, biscotti e rape al vapore (di cui sappiamo dalle cronache che Zerf era molto ghiotto) che gli venivano recapitate dal ristorante a fianco della biblioteca ,la sua produzione letteraria non fu però così vasta, poiché risulta dagli archivi della biblioteca comunale di Belp che in due anni di soggiorno, Zerf lesse solo tre libri, di cui due illustrati e che passò la maggior parte del tempo a disegnare orologi sulle copertine dei libri che trovava. Purtroppo le informazioni su Zerf terminano nel 1942.
Negli ultimi anni passati a Belp, i suoi assistenti raccontano di un uomo del tutto diverso da quello conosciuto, un uomo tranquillo, mite che era solito ripetere di aver trovato la soluzione a tutto.
sabato 21 febbraio 2009
Pickett Anderson Zerf e la tristezza
venerdì 20 febbraio 2009
Pickett alcoolista?
W.P.A. Zerf sembra fosse alcoolista.
Lo confermerebbe un quaderno di appunti che aveva deciso di pubblicare col titolo Viaggio al termine della botte che non ebbe mai luce editoriale.
Gli studiosi sono scettici e anch'io se devo dirla tutta.
Sono stato colto, in realtà, da un'irrefrenabile vogli di scrivere qualcosa che contenesse la proposizione "la nostra società contemporanea".
Il piccolo Willy
giovedì 19 febbraio 2009
Il primo Zerf Store del 1932
Tra le carte del prof. Zerf che mi sono state affidate, ho trovato questa immagine del primo ZERF STORE del 1932 in Danimarca. Ho fatto una scansione ed eccola qui.
Aveva 14 anni e già aveva volontà da vendere (purtroppo solo quella, perché il negozio chiuse tre mesi dopo in balia degli strozzini).
mercoledì 18 febbraio 2009
WILLIAM PICKETT ANDERSON ZERF
L’allegra famigliola trovò rifugio a Le Havre in Normandia dove il piccolo Willi frequentò gli studi. Qui trascorse la sua giovinezza, alternando le sue precoci letture filosofiche con i racconti dei pescatori dai maglioni neri dai lunghi colletti, ch’egli stesso da quei giorni indosso sempre. Di questi anni è l’epistolario con il grande filosofo tedesco Martin Heidegger, il quale proprio grazie all’apporto delle conclusioni del giovane Pickett pubblicherà Essere e tempo nel 1927. L’idea della finitezza della vita e della consapevolezza dello scorrere del tempo sono i punti fondamentali del pensiero di Pickett. La sua riflessione giunge a comprendere la relazione profonda che lega l’esistenza umana alla temporalità. Il “senso dell’essere” si svela dopo la comprensione del tempo che passa e mai dimenticarsi del tempo che passa. Ecco l’illuminazione: costruire un grande orologio da polso di almeno un metro di diametro, con una quarta lancetta, dal moto verticale, rivendicatrice dell’acquisizione di “senso raggiunto”.
L’unico modello che Pickett riuscì a realizzare lo indossava egli stesso, il mercato francese ed europeo dell’epoca era distratto dalla rincorsa agli armamenti, di lì a poco la seconda guerra mondiale. Successivamente l’invenzione cadde in definitiva disgrazia e venne dimenticata.
Una grande ed ultima testimonianza però ci rimane, quella del filosofo esistenzialista ed amico Jean-Paul Sartre che cosi scrisse: “ Ricordo l’ultima volta che vidi Pickett Anderson Zerf, era il 13 giugno del 1940, il giorno prima dell’occupazione tedesca, camminava per rue des Capucines con il suo grande orologio da polso e una baguette fumante sotto il braccio. Indossava sempre quel maglione nero dal lungo colletto, anzi fu grazie a lui che noi tutti iniziammo a metterlo.“
Da quel giorno di William Pickett Anderson Zerf non si seppe più nulla.
Grazie alle ricerche di Roberto Santoro, il cantautore, e di Fabrizio Maramao, il filosofo-imprenditore, compiute a metà degli anni novanta del secolo scorso, fra una partita di scopa e un bicchiere di tequila Sauza , oggi il sogno di William Pickett Anderson Zerf si è realizzato.
Breve commento all' "Ode alla volgarità" di P.A. Zerf
L' Ode alla vogarità è un piccolo libello di trenta pagine (di cui due bianche) uscito in sordina nella primavera del 1932. Dopo l'insuccesso di Essere & Lampo, lo Zerf decise di tornare sulla problematica del tempo, cercando stavolta un argomento più vendibile.
Già dalle prime righe si evince, dal tono, che, l'autore in questione, è molto arrabbiato.
A pag. 2, dopo un susseguirsi di insulti a Emilio Caballero (l'acerrimo nemico universitario), lo Zerf inizia a sviscerare l'argomento.
Tema centrale è il presente (anche quello non indicativo): il presente come pre-sente.
Il pre-sente si pone quindi da subito come la chiave di volta per la comprensione del tempo.
Pre-sente come prima che sente e quindi come sordo.
Per un errore di distrazione a pag.9 però, il Pickett confonde sordo con sordido ed inizia una lunga sequela di esempi di come il sordido si annidi nella nostra contemporaneità.
La volgarità, il sordido, la bassezza degli istinti è secondo Zerf l'unico motivo dell'esistenza.
La tesi sopra esposta fu ripudiata dall'autore nel 1933, dieci mesi dopo l'uscita del libello e tre mesi dopo l'accusa di sconcezza che si risolse in una condanna a tre anni.