mercoledì 25 febbraio 2009

ZERF, IL CIBO E IL TEMPO

Presso la Bodleian Library della Oxford University, nella sezione speciale “World Heritage Memorial Fund”, è custodito - con codice di catalogazione OX-AC-UK 2344/R - un curioso pamphlet dal titolo “Analisi gastrotemporale”. Il volume, di nitida e corretta edizione, consta di ottantadue pagine ed è stato pubblicato nel 1933, per i tipi di Librairie Philosophique J. Vrin di Parigi, a firma di tale Crono Malinconico. Nel 1999 un team di esperti grafologi del N.O.M.I. (National Old Manuscripts Institute) di Boston ha condotto una serie di esperimenti sul libello in argomento e, avvalendosi delle più innovative tecniche di olografia conoscopica e microprofilometria laser, ha sancito, in via definita e definitiva, che dietro il mitologico pseudonimo si celasse proprio il brillante pensatore tedesco William Pickett Anderson Zerf. L’attribuzione della paternità dell’opera è, peraltro, confermata da autorevoli rappresentanti della dottrina nazionale (Moreno Taddeis de La Grange in “Disanominizzazione di alcuni scritti stravaganti del Novecento”, Ed. Zanichelli, Bologna 2002, pp. 38-42) ed internazionale (“Woodworth, Zerf and Sullivan. About time synchronization and food integration”, in Nature-Neuroscience no. 7, Nat Publishing Group, New York 2001, pp. 567-590). Sebbene “Analisi gastrotemporale” sia stato composto da un giovanissimo Zerf (NdA: il Nostro è nato nel 1918), esso si rivela essere uno studio approfondito, empiricamente fondato ed esaustivo sulla relazione tripolare uomo-cibo-tempo ed anticipa, de facto, le più moderne teorie antropologiche in materia. L’originale trattato si suddivide in due parti. La prima sezione, di eminente carattere scientifico, riporta le risultanze di una sperimentazione, durata diciotto mesi ed eseguita dallo stesso Pickett Anderson, sull’ingestione di alimenti correlata all’età dell’essere umano. Al test, basato sull’osservazione delle variazioni funzionali dell’esofago e del tratto gastroduodenale (alterazioni motorie, ispessimenti, dilatazioni antrali) a seguito dell’ingestione di quattro alimenti-campione (un’anatra bordolese, un formaggio di capra del piccolo villaggio di Chavignol, un bloc de foie gras avec morceaux ed una normalissima baguette), sono stati sottoposti quarantotto soggetti suddivisi in tre distinte classi anagrafiche (bambini, adulti ed anziani). Il Nostro, analizzando - attraverso i diagrammi di flusso di Boyle - il programma nutrizionale e le relative variazioni gastroenteriche da esso generate, è riuscito a determinare l’età esatta (con un margine di errore compreso tra le due e le cinque settimane) degli individui sottoposti all’esperimento. Vale la pena evidenziare che, proprio da questi risultati, oltre cinquant’anni dopo, hanno tratto spunto gli studiosi della Scuola di Praga per sviluppare i celebri principi generali della teoria quantistica sulle occlusioni fecali. La seconda parte dell’opera, particolarmente interessante dal punto di vista filosofico, si sostanzia, invece, nell’elencazione ragionata di una serie di aneddoti ed assiomi illuminanti che aiutano a comprender meglio il tormentato rapporto di William Zerf con il cibo. Tra tutti segnaliamo l’ormai universalmente noto “Dimmi cosa mangi e… ti dirò cosa mangi”: la critica è concorde nel ritenere che dietro l’apparentemente ovvia tautologia si nasconda una geniale intuizione rivelatrice che, in ultima analisi, rappresenta la più riuscita metafora della triste e banale condizione umana.

Massimo Roscia, scrittore e gastronomo