martedì 24 febbraio 2009

1934: l'esperimento dello specchio

Il 1934 è un anno importante per Pickett: il suo sedicesimo compleanno coincide con il periodo più nero per la sua, già minata, coscienza. L'invito a riflettere da parte del parroco Anselm Pierre, dell'abbazia di Belp, non sortisce risultati.
Il metodo Zerf, già abbozzato ma in uno stadio embrionale, non lo aiuta.
Decide allora di sperimentare empiricamente la riflessione: prende uno specchio, un paio di lacci e una candela.
Accende la candela vicino alla specchio e si guarda allo specchio.
Distoglie lo sguardo, riflette tra sé e sé e si riguarda allo specchio.
Ripete l'esperimento per due giorni ma oltre a vedersi allo specchio, non ha alcuna intuizione.
Il terzo giorno, l'illuminazione: capisce che se riflette tra sé e sé, dall'altra parte dello specchio la sua immagine, oltre a riflettere a sua volta tra sé e sé, riflette anche la sua figura.
Pickett prende foglio e penna e mette nero su bianco quella che sarà una delle teorie più fortunate, la teoria che non è il caso: in pratica è inutile fare qualcosa che qualcun altro, o qualche altra cosa, fanno meglio di te.
L'inutilità dell'azione umana è, secondo lo Zerf, paragonabile all'inutilità di un paio di lacci in un esperiemento scientifico.